Il 26 e 27 novembre 2019 si tiene a Torino “Aerospace & defence meeting”, mostra mercato internazionale dell’industria aerospaziale di guerra. La convention, giunta alla sua settima edizione, ha quest’anno un focus sull’innovazione produttiva, la trasformazione digitale per l’industria aerospaziale 4.0. Un’occasione per valorizzare le eccellenze del made in Italy nel settore armiero, in testa il colosso Leonardo, con un focus sulle aziende piemontesi leader nel settore: Thales Alenia Space, Avio Aero, UTC Aerospace Systems.
La mostra-mercato è riservata agli addetti ai lavori: fabbriche del settore, governi e organizzazioni internazionali, compagnie di contractor. Quest’anno sono attese 870 aziende e i rappresentanti di 26 governi; sono previsti 6.000 incontri diretti. Il vero fulcro della convention sono gli incontri bilaterali per stringere accordi di cooperazione e vendita.
Tra gli sponsor del meeting spiccano la Regione Piemonte, la Camera di Commercio subalpina. Nelle foto dei meeting passati si vedono alveari di uffici, dove persone eleganti vendono e comprano i giocattoli, che distruggono intere città, massacrano civili, avvelenano terre e fiumi. Giocattoli di guerra. Guerre combattute con armi costruite a due passi dalle nostre case. Torino è uno dei principali centri dell’industria aerospaziale bellica.
L’industria bellica è un business che non va mai in crisi. L’Italia fa affari con chiunque.
Tra gli acquirenti del made in Italy c’è la Turchia, che impiega contro la popolazione curda gli elicotteri Mangusta prodotti dalla Augusta del gruppo Leonardo. C’è anche lo Yemen che li utilizza contro la popolazione civile per cercare di stroncare l’insorgenza Houti.
A Torino e Caselle c’è l’Alenia, la cui “missione” è fare aerei militari tra cui spiccano gli Eurofighter Thypoon, i cacciabombardieri made in Europe. Sempre l’Alenia produce droni da guerra. I droni estendono le frontiere del controllo e rendono asettica la guerra, una sorta di videogame mortale. Le ali degli F35 sono costruite ed assemblate dall’Alenia a Cameri, paesino alle porte di Novara. Giocattoli costosi che hanno un unico impiego: uccidere.
All’Aerospace and Defence Meeting venderanno, oltre a F 35 e Eurofighter Thyphoon, anche droni nEUROn da guerra, satelliti spia, elicotteri Awhero, sistemi ISTAR per sorveglianza, riconoscimento ed acquisizione degli obiettivi, MC-27J Praetorian per i trasporti bellici, gli Hitfist, cannoni per tank e navi… e tanti alti gioielli dell’industria bellica italiana e internazionale.
L’Italia è in guerra da decenni ma la chiama pace, per giustificare le città distrutte, i corpi dilaniati, i bambini spauriti, i migranti che muoiono in viaggio. La chiamano pace ma è occupazione militare, bombardamenti, torture e repressione. Per trarci in inganno trasformano la guerra in filantropia planetaria, le armi in mezzi di soccorso.
Gli stessi soldati delle guerre in Bosnia, Iraq, Afganistan, gli stessi delle torture e degli stupri in Somalia, sono nei CPR, nelle strade delle nostre città, sono nei cantieri militarizzati, sono nel Mediterraneo e sulle frontiere fatte di nulla, che imprigionano uomini, donne e bambini.
Guerra esterna e guerra interna sono due facce delle stessa medaglia. Le sostiene la stessa propaganda: le questioni sociali, coniugate in termini di ordine pubblico, sono il perno su cui fa leva la narrazione militarista. Gli uomini, donne, bambini che premono alle frontiere chiuse dell’Europa nascondono una verità cruda ma banale. Le guerre sono combattute con armi costruite a due passi dalle nostre case.
L’Europa ha pagato miliardi al governo turco, l’Italia foraggia i predoni della guardia costiera e i trafficanti libici perché blocchino le partenze, perché chiudano uomini, donne e bambini in lager dove stupri, torture e morte sono il pane quotidiano. Gli esecutori sono a Tripoli o a Sabratha, i mandanti siedono in parlamento e sulle poltrone del governo. Di tutti i governi: cambiano i blocchi di potere, mutano ben poco le scelte di guerra.
Lo Stato italiano investe ogni ora due milioni e mezzo di euro in spese militari. Le prove generali dei conflitti di questi anni vengono fatte nelle basi militari sparse per l’Italia. La rivolta morale non basta a fermare la guerra, se non sa farsi resistenza concreta. Negli ultimi anni sono maturate esperienze che provano a saldare il rifiuto della guerra con l’opposizione al militarismo: il movimento No F35 a Novara, i no Muos che si battono contro le antenne assassine a Niscemi, gli antimilitaristi sardi che lottano contro poligoni ed esercitazioni. Anche nelle strade delle nostre città, dove controllo militare e repressione delle insorgenze sociali sono ricette universali, c’è chi si oppone alla militarizzazione delle periferie, ai rastrellamenti, alle deportazioni.
Per fermare la guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari, aeroporti, fabbriche d’armi, uomini armati che pattugliano le strade.
L’Aerospace and Defence Meeting è un evento semi clandestino, chiuso, dove si giocano partite mortali per milioni di persone in ogni dove. Possiamo gettare un granello di sabbia per incepparne il meccanismo, per impedire che il business di morte celebri i suoi riti nell’indifferenza dei più.
Proponiamo una dieci giorni di informazione e lotta contro l’Aerospace and Defence Meeting. Dal 16 al 27 novembre proviamo ad inceppare il meccano mortale che verrà ospitato all’Oval Lingotto!
Sabato 16 novembre manifestazione antimilitarista a Torino
No all’industria bellica! No ai mercanti di morte!
Assemblea Antimilitarista Torinese
antimilitarista@inventati.org